Problemi dell'infanzia e dell'adolescenza

DSA e Bisogni Educativi Speciali

BES Bisogni Educativi Speciali

DSA e Bisogni Educativi Speciali

Le cose da non dimenticare nei percorsi di aiuto

 

 

La consapevolezza del bambino

Il bambino, consapevole delle proprie difficoltà e rassicurato sulle proprie risorse, può accogliere con più serenità i percorsi di aiuto proposti; è importante che egli, in modo adeguato all’età, condivida il progetto con i suoi insegnanti, i quali dovranno il più possibile coinvolgerlo anche nella formulazione degli obiettivi (“ Ecco le cose che ho in programma per oggi…”; “questa settimana lavoreremo su …”; “oggi dovrai stare molto attento a…”. In questo modo egli si sentirà protagonista del proprio processo di sviluppo, potrà coinvolgersi attivamente nelle proposte, autogratificarsi per i piccoli progressi, non scoraggiarsi di fronte di fronte agli insuccessi né arrendersi davanti alle attività che richiedono maggiore fatica.

 

La compresenza di disturbi diversi

Spesso i disturbi di apprendimento sono compresenti. Il bambino dislessico può essere anche disortografico, il bambino disgrafico può essere anche discalculico; si tratta, in questi casi, di Disturbi di Apprendimento “ a grappolo”. Si assiste inoltre a casi di comorbilità, in cui, ad esempio, il Disturbo di Attenzione e di Iperattività è associato a un Disturbo Specifico di Apprendimento. Di fronte a problematiche più articolate il lavoro dell’insegnante è senza dubbio più complesso.

 

La “messa a fuoco”

I bambini con Bisogni Educativi Speciali necessitano di un Piano Didattico Personalizzato, che tenga conto delle competenze acquisite e che individui gli obiettivi da raggiungere in base alle potenzialità individuate. È quindi importante tener sempre presente che l’intervento deve “mettere a fuoco” le potenzialità, non le difficoltà, altrimenti questi alunni si troverebbero costantemente di fronte a richieste inadeguate e troppo distanti dalle loro possibilità e, cosa ancor più importante, si sentirebbero continuamente “misurati” rispetto alle mancanze, con scarsa considerazione delle risorse.

 

La Zona di Sviluppo Prossimale

L’individuazione dei livelli di partenza (capacità), delle risorse e della Zona di Sviluppo Prossimale rappresentano i momenti più importanti che precedono l’elaborazione del Piano Didattico Personalizzato.

Soffermiamoci su quest’ultimo punto, che è di grande importanza per la progettazione dell’intervento didattico personalizzato. Una volta individuata la “zona” di competenza del bambino, che consiste nel comprendere di che cosa egli è capace e dopo aver scoperto le risorse, cioè le sue qualità positive da utilizzare (ad esempio: buona disponibilità, discrete capacità di memoria visiva, livello intellettivo nella media, ecc.), l’insegnante può ipotizzare con una certa sicurezza quella che viene definita “Zona di Sviluppo Prossimale”, che si colloca leggermente oltre il livello già raggiunto e offre l’opportunità di attivare le capacità che sono in via di sviluppo.

Vygotzskij ha parlato a lungo di questo, definendo la Zona di Sviluppo Prossimale come la distanza tra il livello effettivo in cui si trova il bambino e il livello successivo, che corrisponde alla sua potenzialità, perseguibile con il sostegno dell’adulto, il quale, quindi, deve osservare con attenzione, per poter fornire gli stimoli cognitivi e affettivi più idonei affinchè l’alunno possa oltrepassare le capacità raggiunte. Non si tratta quindi di un semplice intervento didattico, ma anche di stabilire una buona relazione, basata sulla reciproca fiducia ed evitando l’errore di proporre esperienze troppo al di sotto o troppo al di sopra delle reali capacità individuate.

 

Lo Scaffolding

Il concetto di scaffolding è strettamente connesso a quello che Vygotzskij ci ha lasciato in eredità: il fondamentale costrutto detto Zona di Sviluppo Prossimale, la distanza tra un livello di sviluppo effettivo di un alunno ed un altro livello di sviluppo potenziale che egli raggiunge grazie alla guida, al sostegno di un adulto. L’ adulto deve essere attento, capace di comprendere le potenzialità del bambino e saperlo condurre in quell’area di competenza sempre più complessa, al di sopra delle sue reali possibilità; l’area di sviluppo prossimale è ciò che è possibile fare  “dentro una relazione” .

Gli esperti parlano, a questo proposito, di “Scaffolding”, che significa “impalcatura di sostegno”; l’insegnante attraverso questo costrutto, offre ai propri alunni  quei supporti graduali indispensabili a favorire la crescita e lo sviluppo delle loro  capacità, ma è, al tempo stesso, pronto a togliere l’aiuto a mano a mano che il bambini divengono capaci e autonomi. L’adulto ha quindi il compito di essere un mediatore temporaneo all’interno di un itinerario progressivo finalizzato alla conquista di sempre maggiori e più sicure competenze in ogni ambito.

 

 

Quali sono quindi le modalità didattiche che tengono conto di tutto questo?

 

  • Conoscere il bambino a livello globale, tenendo conto non solo dei livelli cognitivi e di apprendimento raggiunti, ma anche della sfera emotivo-affettiva e relazionale.

 

  • Individuare i livelli raggiunti e le risorse

 

  • Individuare della Zona di Sviluppo Prossimale

 

  • Progettare le attività

 

  • Semplificare le attività, affinchè esse siano accessibili

 

  • Assumere la funzione di “Banca” della memoria, a cui il bambino può attingere quando ne ha necessità

 

  • Fornire esempi utili ad affrontare il compito

 

  • Condividere i momenti di difficoltà che implicano anche un coinvolgimento emotivo

 

  • Contenere l’ansia del bambino

 

  • Rassicurare il bambino

 

  • Sottolineare i progressi

 

  • Sostenere la motivazione

 

  • Offrire stimoli che mantengono l’attenzione

 

La chiarezza indispensabile

C'è inoltre un aspetto fondamentale, che è quello della chiarezza. 

Le difficoltà degli alunni non vanno però confuse, è necessario conoscerle e riconoscerle.

Forse si tende troppo a generalizzare, ma le differenze tra bambino e bambino sono molteplici, ciascuno ha propri punti di debolezza e propri punti di forza, che è fondamentale individuare, per scoprire poi gli aiuti più indicati per ciascuno. 

Per questo è utile una osservazione diagnostica, portata avanti da specialisti seri e preparati. Dall'osservazione scaturisce la diagnosi, che deve mettere in evidenza non solo le difficoltà riscontrate, ma anche le funzionalità e le risorse.


A cura di:

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